Ho avuto, alcuni giorni orsono, un incontro con una giovane conoscente che mi riferiva di sentirsi “la testa chiusa”, cioè appesantita, a livello fisico, da una “specie di cortina nebbiosa”. Approfondendo il colloquio, è emerso che la sua vita, da un certo tempo a questa parte, era contrassegnata da atteggiamenti ripetitivi, rigidi ed un po’ ossessivi. Ogni possibilità di improvvisazione, di apertura e di flessibilità si era, nel tempo, spenta, e, di conseguenza, anche il benessere interiore aveva lasciato il posto ad uno stato d’ansia e di disagio generalizzato.
Può accadere, durante il percorso esistenziale, che la nostra mente, pur seguitando a funzionare in maniera assolutamente adeguata dal punto di vista cognitivo, si blocchi riguardo alla possibilità di aprirsi alle novità che la vita le presenta. La persona svolge il proprio lavoro, magari anche in modo eccellente, continua ad attendere alle proprie quotidiane attività, ma agisce in modo quasi automatico, come obbedendo a dei principi e a delle abitudini che devono restare sempre uguali.
La mente “bloccata” diventa diffidente: preferisce ripetere azioni che ha già compiuto piuttosto che avventurarsi in territori sconosciuti. Parte dal presupposto che ciò che ha funzionato in passato, possa funzionare anche nel presente, e tutto ciò che esula dal già noto crea sospetto e scarsa accettazione.
Di fronte ai problemi, la mente “bloccata” cerca di aumentare il controllo dal punto di vista razionale, scaccia tutto ciò che la distrae dall’obiettivo di fondo, che consiste nel non cambiare le cose per assicurarsi un’apparente tranquillità e non rischiare sgradite sorprese. Con queste premesse, il futuro non può che creare ansia, soprattutto per il timore di non riuscire a mantenere sempre il pieno controllo delle situazioni.
Chi di noi non ha sperimentato queste momentanee fasi di chiusura della nostra mente? Quante volte, di fronte ad una perdita importante, (abbandono da parte di una persona cara, fine improvvisa ed inaspettata di un amore, perdita del lavoro), abbiamo sperimentato questo senso di rigidità interiore, di ipercontrollo razionale sui nostri sentimenti ed emozioni, di ostinato e assoluto attaccamento ai consueti binari, pur di non esporci a nuove esperienze, dagli esiti sconosciuti ed imprevedibili, e quindi potenzialmente pericolosi? Prima che la nostra mente possa abituarsi a questo rigido schema organizzativo, utile quando si deve temporaneamente far fronte ad una situazione di emergenza, ed occorre quindi chiudersi un po’ nel proprio “guscio”, ma poi disfunzionale nel lungo periodo, perché in grado di originare ansia e depressione, occorre chiedersi se si è disposti ad aprirsi, anche solo gradualmente, a qualche tentativo di flessibilità nella propria vita. Saranno, a questo proposito, utilissimi due fiori di Bach: Rock Water e Walnut.
Rock Water è altamente indicato per armonizzare stati d’animo molto rigidi, che si sostanziano nell’autoimposizione di una ferrea disciplina, con alti ideali e rigorose direttive morali, che, per quanto apprezzabili, soffocano spesso, attraverso le continue rinunce, la gioia vitale, e potrebbero arrivare a negare i più importanti bisogni umani. Rock Water aiuterà la persona a lasciarsi progressivamente guidare dal flusso della vita, senza più timore di perdersi, ma anzi riconoscendo a tutti gli aspetti del proprio sé il diritto di esistere e di trovare integrazione, lasciando che le situazioni si sviluppino naturalmente, e rimanendo aperto a nuove conoscenze ed esperienze.
Walnut, invece, è in grado di armonizzare lo stato interiore di coloro che avrebbero deciso di fare un passo avanti nella propria vita, ma non sanno liberarsi di vecchi schemi mentali, da abitudini consolidate, o dalle ombre del passato, perdendo in tal modo la possibilità di aprirsi con atteggiamento meno diffidente ai mutamenti ed alle novità. Walnut è un’essenza floreale tratta dal noce, albero che ha la caratteristica di perdere le sue foglie, al sopraggiungere dell’autunno, in maniera sorprendentemente rapida rispetto agli altri alberi, rivelando in tal modo una forte predisposizione al cambiamento. Inoltre, il suo frutto rappresenta quanto di più simile al cervello umano si possa trovare in natura. Secondo la teoria naturopatica delle “segnature”, secondo la quale esiste una certa affinità, di forma, di consistenza o di colore, tra le diverse parti del corpo umano ed alcune piante, Walnut sembra il rimedio d’elezione per trattare chi è troppo “cerebrale”, e proprio a causa di questa eccessiva razionalità tende ad autolimitarsi e a trattenersi dalla possibilità di vivere esperienze nuove e creative.
I due fiori andranno assunti dopo aver fatto preparare (in farmacia od in erboristeria) una apposita boccetta da 30 ml con contagocce, che contenga entrambe le essenze. Si stilleranno quindi in bocca, sotto la lingua, 4 gocce della preparazione acquistata per 4 volte al giorno, lontano dai pasti. Le gocce andrebbero trattenute qualche secondo sotto la lingua prima di essere ingerite, per permettere ai recettori sublinguali di far entrare in circolo più rapidamente i principi attivi.
La durata del trattamento varia in base alla situazione specifica; quando comunque ci accorgiamo che siamo riusciti a liberarci da una eccessiva tendenza alla pianificazione, riprendiamo gusto per un minimo di improvvisazione, e ci sentiamo nel complesso più aperti e flessibili, possiamo ritenere completato il processo di trasformazione.
Buona mente a tutti.